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Intervista ad Andrea Cavaletto

Intervista ad Andrea Cavaletto

Intervista ad Andrea Cavaletto

DigitalDreamscape ha intervistato Andrea Cavaletto sceneggiatore di Dylan Dog e di importanti pellicole indie a tematiche horror. Abbiamo parlato con lui di fumetti, cinema e dei suoi progetti futuri. Buona lettura!

Ciao Andrea, benvenuto su DDS. Cominciamo con una domanda di rito: cosa ti ha spinto a entrare nel mondo del fumetto e del cinema, e come è nata la tua passione per il genere horror?

Ciao, è un piacere essere qui. Fumetto e cinema sono le mie grandi passioni fin da quando ero un bambino, declinate in specifico nel genere horror, con cui sono cresciuto. Le storie che divoravo e i film che guardavo da giovane hanno influenzato il mio stile creando una ricca tela di paure che mi permettono di esplorare temi complessi ed emozioni intense. Da sempre ho un forte interesse per le storie che esplorano i lati più oscuri della natura umana, combinato con un amore per la suspense e l’adrenalina che solo l’horror può offrire.

Hai esordito nel mondo del fumetto come disegnatore. Come bilanci l’aspetto visivo e narrativo nel tuo lavoro, specialmente nei fumetti e come questo ti aiuta? A questo proposito come hai lavorato sugli adattamenti a fumetti di Un chien andalou e Freaks (entrambi Edizioni NPE) di cui sei autore unico?

Bilanciare l’aspetto visivo e narrativo nei fumetti è ogni volta una sfida affascinante. Come disegnatore ho sviluppato una tecnica particolare che è un mix tra disegno tradizionale a carboncino con uso di solventi e computergrafica che cerco di integrare strettamente con uno storytelling derivativo dal cinema per creare un’esperienza di lettura il più possibile immersiva. Per quanto riguarda i graphic novel di Un chien andalou e Freaks, ho adottato un approccio molto fedele alle opere originali. In particolare, per l’adattamento di Un chien andalou, ho seguito la narrazione del film passo per passo, semplificando alcuni passaggi per evitare ripetizioni inutili. Ho studiato ogni inquadratura del cortometraggio, fotografando migliaia di fotogrammi e selezionando quelli più rappresentativi.  Per Freaks, pur mantenendo altrettanta fedeltà rigorosa al film di Tod Browning, ho preferito creare un mio montaggio delle sequenze, in modo da rendere la storia più scorrevole e accattivante. Entrambe le opere sono state molto impegnative ma reputo i risultati più che soddisfacenti. Adesso sono al lavoro su un terzo adattamento cinematografico vintage di cui ancora non posso svelare il titolo.

In Paranoid Boyd (Edizioni Inkiostro), hai esplorato temi di paranoia e distorsione della realtà. Cosa ti ha spinto a raccontare questa storia e quali messaggi speri di trasmettere ai lettori?

Vado particolarmente fiero del mio Paranoid Boyd perché è una serie senza compromessi o tabù, punk e ribelle, che mi rappresenta al 100% e che esplora temi profondi come la paranoia e la distorsione della realtà attraverso la vita del protagonista, William Boyd, un artista antisociale e decisamente problematico, che è un po’ la summa dei concetti che più mi affascina studiare e raccontare. Mi piace esplorare la psiche umana e le sue complessità. La distorsione della realtà è un tema che permette di indagare la nostra società moderna ferita e confusa, sempre più vittima di isolamento e alienazione. Voglio sottolineare che uno dei messaggi principali è l’importanza della salute mentale e la necessità di affrontare le proprie paure. Nonostante le difficoltà, vediamo come il protagonista cerchi a ogni costo di trovare un senso e una direzione nella sua vita, trasmettendo un messaggio distorto di resilienza e forse, anche di speranza.

Su un recente post su Facebook hai scritto: “Scrivere narrativa è per me davvero affaticante. Anche perché, dopo anni passati a macinare sceneggiature si tratta di cambiare in parte un consolidato modello di lavoro per approcciarne un altro che è per ovvi motivi parecchio diverso”.  Quali sono le differenze tra scrivere un fumetto e scrivere un libro?

Scrivere un fumetto o un film e scrivere un libro sono due processi creativi ben distinti, ognuno con le proprie regole e peculiarità. Nel cinema e nel fumetto la narrazione è fortemente visiva, con le immagini che giocano un ruolo cruciale nel raccontare la storia, e il testo a fare da accompagnamento con i dialoghi. Mentre quando si scrive un racconto o un romanzo le descrizioni dettagliate e i dialoghi devono creare raffigurazioni mentali per il lettore. In questo caso si ha molto più spazio per esplorare i pensieri e le emozioni dei personaggi. Queste differenze riflettono le diverse competenze e approcci necessari per muoversi agevolmente in ciascun campo. Diciamo che io, con l’esperienza maturata nel tempo in entrambi i campi, provo a sfruttare le peculiarità di ciascun medium per raccontare le mie storie nel modo più avvincente e coinvolgente possibile.

Hai lavorato su numerosi progetti indipendenti. Come si differenzia il tuo approccio alla creazione di opere originali rispetto a quelle legate a personaggi già esistenti come Dylan Dog (Sergio Bonelli Editore)?

Bisogna tenere conto del fatto che l’approccio alla creazione di opere originali rispetto a quelle legate a personaggi già esistenti come Dylan Dog presenta diverse differenze significative. Principalmente, quando lavoro su progetti indipendenti, ho la libertà di esplorare temi, stili e narrazioni senza vincoli, come ho fatto appunto con Paranoid Boyd. Questo mi permette di sperimentare e innovare, creando storie uniche e personali che spesso riflettono le mie esperienze, paure e visioni del mondo. Il processo creativo è quindi intimo e coinvolgente, permettendomi di esprimere la mia voce artistica in modo autentico. Invece, quando lavoro su Dylan Dog o comunque personaggi non miei, devo entrare in sintonia con loro, rispettando la tradizione e le caratteristiche consolidate di un universo narrativo in cui sono sempre e solo un ospite, seppure privilegiato. Questo richiede una profonda comprensione del materiale originale e un equilibrio tra innovazione e continuità, cercando di adattare le tematiche che mi ispirano al giusto contesto in cui devo svilupparle.

In alcune delle tue opere, affronti temi sociali complessi (per esempio Hidden in the woods co-sceneggiatura del film con Patricio Valladares). Come decidi quali temi includere nelle tue opere e come ti approcci alla violenza che affronti e mostri nelle tue opere?

Credo di seguire un approccio molto ponderato, visto che prediligo temi che ritengo importanti e rilevanti per la nostra società., inserendoli però in contesti orrorifici spesso estremi. Per esempio, in Hidden in the Woods, la cui idea di base è stata del regista Patricio Valladares, affronto temi come la violenza domestica e l’abuso, ispirandomi a fatti realmente accaduti anche se pesantemente rielaborati al servizio della storia. In generale si può dire che io tragga ispirazione da esperienze personali o da osservazioni della realtà circostante per creare storie che siano non solo avvincenti, ma anche profondamente radicate nella realtà, con temi dal forte impatto emotivo su lettori o spettatori, nella speranza di spingerli a riflettere su questioni che reputo importanti anche se scomode. La violenza è una costante della mia scrittura e cerco di rappresentarla in modo realistico e privo di compiacimento, evitando di glorificarla. Il mio obiettivo è mostrare le conseguenze devastanti della violenza, piuttosto che utilizzarla come mero espediente narrativo. Non è mai gratuita, ma serve a sottolineare temi più ampi e a sviluppare la trama e i personaggi.

Quando lavori su una nuova storia, quanto è importante la ricerca nel tuo processo creativo? Puoi darci un esempio di come la ricerca ha influenzato una delle tue opere?

Per me la ricerca è un elemento cruciale nel processo creativo. Non solo arricchisce la narrazione, ma garantisce anche che i dettagli siano accurati e credibili, permettendo di rendere le storie autentiche e realistiche, anche quando trattano temi fantastici o horror. Questo aiuta a costruire un mondo narrativo credibile e coinvolgente in cui si muovono personaggi complessi e sfaccettati, con background e motivazioni ben definiti e una ben definita accuratezza storica e culturale. Per esempio, tornando alla sceneggiatura del film Hidden in the Woods, per riuscire a rappresentare la violenza domestica e gli abusi con quei particolari toni cinici, perversi e quasi grotteschi (come io e Valladares ci eravamo prefissati) ho dovuto studiare per alcuni mesi numerose interviste con vittime di abusi e consultare parecchi documenti legali e psicologici per arrivare a rielaborare le informazioni in modo da ottenere l’effetto sconvolgente desiderato.

Dai romanzi alle sceneggiature per i fumetti dalla saggistica al cinema. C’è un genere piuttosto che una storia, una forma di scrittura con la quale vorresti cimentarti e che non hai ancora affrontato?

Mi affascinerebbe provare a lavorare sulla sceneggiatura per videogames, ma ne conosco davvero poco e al momento non mi sento affatto preparato.

Guardando alla tua carriera, come pensi di essere evoluto come scrittore e artista? Ci sono aspetti del tuo lavoro che sono cambiati nel tempo?

Nel corso degli anni, ho avuto modo di esplorare una gamma sempre più ampia di temi, passando da storie più semplici a narrazioni via via più complesse su questioni sociali, psicologiche e persino filosofiche. Credo che questa maturazione tematica rifletta una maggiore profondità e consapevolezza nel mio lavoro. Inoltre, la possibilità di poter collaborare con artisti e professionisti del settore che per me sono dei veri miti è cresciuta, portandomi a pensare progetti sempre più ambiziosi e complessi. Queste collaborazioni hanno arricchito tantissimo il mio lavoro, permettendomi di integrare diverse prospettive e competenze. Inoltre, negli ultimi anni ho guardato con scrupolo ai miei lavori passati, quasi a fare un’autoanalisi psicologica di me stesso come autore, prendendo consapevolezza di tematiche che affiorano con una certa costanza. Se prima accadeva a livello quasi inconscio, ora ne faccio un punto di forza della mia scrittura. Sono comunque sempre alla continua ricerca di nuove forme di espressione e narrazione.

Ci puoi dare qualche anticipazione sui tuoi progetti futuri?

Ho appena finito un paio di nuove storie di Dylan Dog (una lunga e una breve) e una storia breve di Zagor. Sto poi iniziando il terzo graphic novel per NPE Edizioni. Per Weird Book uscirà un graphic novel di Luca Angelo Spalloni, allievo Holden mio e di Tito Faraci, per cui ho curato ed editato lo script che vedrà ai disegni il mitico Renato Florindi. Al momento sto seguendo la post produzione del film Mariana’s Web, diretto da Marco Calvise, costosa produzione indipendente USA/Italia di Ruben Maria Soriquez, che lo vede anche come attore protagonista, tratto dal mio racconto pubblicato in appendice al romanzo Blue Sunset da Weird Book e sto scrivendo un romanzo horror splatter pulp sul tema del sacrificio.

Un caro saluto,

Andrea C.

[A cura di Gianfranco Staltari]

Andrea Cavaletto

Classe 1976, torinese.
Creativo, illustratore e sceneggiatore, collabora con vari editori e produttori cinematografici italiani e stranieri, sia underground che mainstream.
Tra gli editori, ricordiamo Sergio Bonelli Editore (principalmente «Dylan Dog», ma anche «Zagor», «Martin Mystere», «Tex», «Dampyr»), Edizioni Bd (Dibbuk), Edizioni Inkiostro (alcune storie di «The Cannibal Family», la serie «Paranoid Boyd», il graphic novel Real Cannibal: Charles Manson, Symposium Club, dipinto dall’artista Attila Schwanz), Bugs Comics (storie brevi per «Mostri»), Feltrinelli Comics (Nuvole Nere, con Pasquale Ruju e Rossano Piccioni).
Nel cinema, i film indie horror extreme con le sue sceneggiature sono distribuiti in vari paesi in blu-ray e dvd da varie case di distribuzione internazionali: Raven Banner, Epic Pictures, Troma. Ha realizzato la sceneggiatura del cult horror movie cileno Hidden in the Woods da cui è stato tratto un remake USA, e del film Lettera H, che ha vinto numerosi premi italiani e internazionali. Per Edizioni NPE ha pubblicato due trasposizioni a fumetti di film cult: Un chien andalou e Freaks.
Ha scritto per Black House Edizioni il romanzo Doll Syndrome, novelization della sua sceneggiatura del film omonimo di Domiziano Cristopharo.
Per GM Libri ha pubblicato il romanzo home-thriller Io sono il Male, scritto con Lisa Zanardo.
È riconosciuto come una delle più innovative e autorevoli voci dell’horror italiano moderno.
È docente di scrittura creativa alla scuola Holden di Torino.










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